Arriva l’estate, cresce la voglia di sole e di godersi l’aria aperta. Anche da parte dei pubblici esercizi che tendono ad allargare i propri spazi verso l’esterno, alla ricerca di nuove opportunità per aumentare il business e soddisfare maggiormente il cliente. Per i bar, ad esempio, il dehors è anche un modo per connotare il locale, per favorire la socializzazione e magari trasformarsi in un lounge all’aperto, mentre per il ristorante ci si trova di fronte a un’opportunità reale di crescita… in termini di numeri, di coperti e quindi di guadagno. Occorre però distinguere tra le diverse opzioni che si presentano, perché ci sono le strutture temporanee stagionali, con ombrelloni, tavolini e sedie che a fine serata vanno radunate e tolte dallo spazio pubblico, e poi ci sono i gazebi, le pergole e le strutture chiuse che diventano dei veri prolungamenti della sala da usare tutto l’anno. E proprio la formula “aperto-chiuso” ha fatto in molti casi la fortuna di numerosi locali. Protagonisti delle oasi di relax sono tende, ombrelloni e gazebi: soluzioni che si collocano a metà fra elementi funzionali e complementi di arredo grazie alle varianti e all’ampia scelta di materiali e tessuti messi a disposizione della aziende produttrici del settore. Un trittico che funziona: ogni locale sceglie la soluzioni più adatta e la personalizza, rendendola più o meno adattabile a specifici contesti da valutarsi caso per caso. Anche perché la legge in materia è abbastanza rigida e ogni comune detta le “sue” regole. In Italia esistono 8mila comuni con 8mila regole diverse e ciascuno fa quello che vuole (nella maggior parte dei casi). Il nostro è il Paese dei centri storici e delle piazze dove si affacciano edifici spesso di pregio architettonico, ma vive anche di turismo per il 12% del suo prodotto interno lordo e un po’ di attenzione da parte degli amministratori pubblici all’arredo urbano non guasterebbe: attraverso delle linee guida precise, per strada non si vedrebbero strutture delle più svariate forme e colori e gli ambienti esterni si integrerebbero meglio con lo spazio circostante. E qualche città, in questo senso, si sta già muovendo.
Cosa prevede la legge
La legge definisce dehors gli spazi di ristoro all’aperto nessi ai locali di pubblico esercizio di somministrazione. Il Regolamento per l’occupazione di aree pubbliche per spazi di ristoro all’aperto prevede che s’intendono per: a) arredo urbano: tutti gli elementi (ad es. sedie, pedane, tavoli, coperture, illuminazioni, delimitazioni) che possono essere collocati all’esterno degli esercizi pubblici al fine di creare spazi per il ristoro all’aperto; b) dehors: l’insieme degli elementi singoli o aggregati, mobili, smontabili o facilmente rimovibili, posti temporaneamente in modo funzionale ed armonico sul suolo pubblico, o privato ad uso pubblico così come emerge dal titolo costitutivo, che costituisce, delimita ed arreda lo spazio per il ristoro all’aperto annesso ad un pubblico esercizio di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, come definito nella disciplina di settore. Il dehors deve essere costituito da manufatti caratterizzati da precarietà e facile amovibilità, in quanto diretto a soddisfare esigenze temporanee. L’occupazione di suolo pubblico richiede preventivamente un’autorizzazione. Si deve quindi presentare richiesta per il rilascio della concessione all’amministrazione comunale (diversa da comune a comune e spesso variabile): tale autorizzazione può essere permanente o temporanea. Inoltre, l’installazione del depor su aree pubbliche è soggetta al canone o alla tassa per l’occupazione degli spazi pubblici. Ma c’è di più: in presenza di vincoli di tutela ambientale e monumentale determinati dalla legge 22/01/2004 n. 42, si devono ottenere preventive autorizzazioni anche da parte della sovrintendenza dei beni culturali. è il caso delle installazioni poste nei centro storici cittadini.
L’incognita dell’inverno
Più problematico è il mantenimento dell’efficienza e del comfort delle strutture nelle stagioni più fredde. Bisogna, infatti considerare e scegliere una copertura che sia in grado di garantire tenuta all’acqua e di sopportare il carico della neve, prendendo come valore di riferimento le precipitazioni durante la notte, in modo che al mattino un addetto possa intervenire rimuovendo manualmente la neve dalla copertura. Il suggerimento che viene dato è di mantenere riscaldato il dehors durante la notte, quando nevica, per facilitare lo scioglimento della neve sul tetto. Per quanto riguarda il fattore riscaldamento, sono vietati i funghi a gas negli spazi chiusi, la tecnologia dei riscaldatori a infrarossi è quella comunemente adottata, anche se spesso riscalda spalle e testa lasciando le gambe al freddo. Inconveniente che si può superare con le pedane termoradianti di nuova generazione dotate di sottile film con resistenza elettrica a basso voltaggio. Alcuni modelli di riscaldatori integrano delle lampade che possono funzionare anche in maniera indipendente dal riscaldamento. In tal modo un solo apparecchio serve in tutte le situazioni e illumina l’ambiente.